23 novembre 1980. I terribili ricordi del Terremoto dell’Irpinia.
Era una fredda domenica di novembre, gran parte delle persone erano rincasate dopo i lunghi pranzi domenicali in famiglia.
I più avevano trovato riparo dal freddo tra le mura di casa, investendo il loro tempo davanti alla tv. A quell’ora la Rai trasmetteva una delle partite della serie A giocate nel pomeriggio.
Altri invece, in modo particolare i più giovani, avevano affollato cinema e teatri.
19.34. L’ora dell’apocalisse
Alle 19.34, di quello che inizialmente appariva come un tranquillo pomeriggio, un forte boato mise tutto a tacere per pochi secondi, al termine del quale le voci gioiose di quel pomeriggio domenicale si trasformarono in pianti e urla cariche di dolore e disperazione.
Un violentissimo terremoto aveva messo in ginocchio l’Irpina.
Le strade sommerse da nuvole di polvere e macerie.
In pochi minuti si affollarono persone disperate e spaventate, che facevano fatica a credere a quanto stesse accadendo.
Il Tg delle 20.00 passò la notizia dell’accaduto, descrivendolo come “una cosa da poco”, nessuno aveva ancora chiara l’idea dell’immane tragedia che si era appena consumata.
Il terremoto di magnitudo 6.9, in 90 secondi rase al suolo interi paesi, provocando circa 3000 morti, 9000 feriti, 300 mila senza tetto e la distruzione di 150 mila abitazioni.
Con un ipocentro di circa 10 km di profondità, l’evento sismico, interessò un’area di 17.000 km2, che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.
I comuni più colpiti
I comuni più duramente colpiti furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna. Dove l’intensità del terremoto raggiunse i 10° gradi della scala Mercalli.
Gli effetti, tuttavia, si estesero a una zona molto più vasta, interessando praticamente tutta l’area centro meridionale della penisola.
Il sisma fu avvertito anche nell’area partenopea.
A Napoli, dove la gente si riversò in strada per passare la notte, crollarono alcuni edifici fatiscenti o lesionati da anni, altri invece subirono alcuni danni strutturali.
A Poggioreale crollò un palazzo in via Stadera, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando la morte di 52 persone.
Il terremoto ribattezzato da tutti come il “Terremoto dell’Irpinia”, per le dimensioni della catastrofe e per il numero di vittime e sfollati, è stato uno dei più devastanti terremoti che abbia colpito l’Italia.
Il sisma, oltre che per il numero di vittime, è passato alla storia anche per il ritardo con il quale giunsero i soccorsi.
Le parole di Sandro Pertini
Risuonano ancora oggi le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al suo ritorno a Roma, dopo essersi recato sul posto:
“Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”.
Con queste parole Pertini smosse gli animi degli italiani, invitandoli a rimboccarsi le maniche per soccorrere i loro connazionali.
Un appello per sollecitare gli aiuti si levò anche dalle pagine del quotidiano “Il Mattino” che a tre giorni dalla tragedia, in prima pagina pubblicò un articolo dal titolo “FATE PRESTO”.
Mancava allora un buon sistema di Protezione Civile, essa era infatti ancora agli albori e fu difficile gestire ed organizzare i lavori di soccorso in breve tempo.
Il tutto fu anche aggravato dalle difficoltà avutesi per raggiungere i luoghi colpiti dal sisma, a causa di strade poco praticabili, rese ancor più impercorribili dalla presenza di innumerevoli macerie.
Nonostante siano trascorsi ben 40 anni da quel maledetto 23 novembre 1980, questa data rimane e rimarrà indelebile nella memoria di ogni irpino.
Sia di coloro i quali hanno vissuto sulla propria pelle quel minuto e mezzo di terrore e tutto ciò che ne derivò, sia di coloro i quali non erano ancora nati.
Sono i racconti dei nonni, dei genitori degli zii, racconti carichi di paura, disperazione, rabbia e amarezza, che hanno reso indelebile nella memoria di chi non l’ha vissuta, quella terribile domenica d’autunno.