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Comune di Avellino
7 Novembre 2025
Ultima pubblicazione: 05 novembre 2025 17:15:58
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Politica

C’E’ CHI DICE NO…IO DICO NO

C’è chi dice no…..Io dico no.

Non so se il personale sia sempre politico. In questo caso sicuramente sì, a mio modo di vedere. Provo a spiegare.

“Caos vaccini,  blitz dei NAS. Nel mirino i certificati di ‘fragili’ e caregiver”. 

Cosi titolava un quotidiano il 6 maggio in riferimento ai fatti del giorno prima ad Avellino: un autentico assalto al centro vaccini del campo Coni, a caccia dell’ambito “Pfizer” al posto del vituperato “Astrazeneca” o, più semplicemente, di una corsia preferenziale per la somministrazione. 

Risultato: ben 915 persone in un solo giorno rimandate indietro perché prive dei requisiti (anche se, come sempre accade in questi casi, saranno state purtroppo coinvolte anche alcune in regola). 

Scene simili, sia pur in misura inferiore, accadevano negli stessi giorni ad Atripalda.

Il 7 maggio ho ricevuto, da parte dell’asl, la convocazione, per il giorno successivo, per la somministrazione del vaccino. 

Ciò in qualità di caregiver di mia madre (invalida al 100% ai sensi della l. 104/92), che assisto da tempo.  

E tuttavia, a quel punto ho preferito rinunciare, non perché colto da improvvisa infatuazione per le teorie no vax, che continuo a considerare tra le principali iatture della nostra epoca, ma per esprimere una protesta di fronte a tale stato di cose. 

L’indignazione ha prevalso e alla fine mi sono chiamato fuori. Rifarò la domanda per essere vaccinato come ultracinquantenne. Forse la mia apparirà come una scelta fine a se stessa.

Tuttavia ritengo che, in alcuni momenti particolari, non ci si possa limitare a pronunciare quella che Erri De Luca chiama la parola contraria, ma occorra compiere anche il gesto contrario, sia pur simbolico.

Dissociarsi, insomma.

In ogni caso, non posso accettare di essere anche soltanto sfiorato dalla ridda di voci e illazioni malevole abbattutesi indiscriminatamente sulla categoria dei cosiddetti caregiver, a causa di una prassi che favorisce la confusione tra cittadini onesti e disonesti.

Non accetto che il mio nome possa essere anche per un solo attimo accostato a quello dei cosiddetti “furbetti” (che, sia detto per inciso, sarebbe il caso di smettere di denominare con questo stucchevole diminutivo, quasi fossero fanciulli discoli che hanno rubato la merenda, e chiamare con il loro vero nome: delinquenti, che in nome di un delirio egoistico non esitano a calpestare i diritti altrui). 

Costoro li lascio volentieri in compagnia di chi, come l’ineffabile Morgante e i suoi giannizzeri, ha collezionato disastri in serie e ha gestito in modo irresponsabile questa fase delicatissima, eliminando ogni controllo preventivo e finendo così per incentivare i comportamenti truffaldini.

Se infatti, per i pazienti “fragili”, la responsabilità spetta ai medici di base, preposti a compilare gli elenchi, per i caregiver sarebbe stato sufficiente stabilire, al momento dell’iscrizione alla piattaforma, l’obbligo di allegare il certificato di invalidità della persona assistita, a pena di esclusione, per tenere lontani i malintenzionati.

O almeno non aspettare che gli eventi precipitassero prima di diffondere il comunicato con cui “si invita il cittadino a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti prima di effettuare l’adesione in piattaforma regionale”. 

Di fronte a certi spettacoli di questi giorni, vien da chiedersi oggi dove siano finite le anime belle che dicevano fino a qualche fa: “L’epidemia ci renderà tutti migliori”,  questo autentico manifesto della stupidità,  oltre che emblema della totale mancanza di senso storico che caratterizza l’epoca, forma di svenevolezza piccolo borghese, che serve soltanto a cloroformizzare le coscienze ed è costitutivamente incapace di  comprendere che qualcosa può cambiare soltanto attraverso l’impegno, la lotta collettiva e l’azione organizzata, sorrette da un pensiero e da un progetto di trasformazione sociale.

Quanto poi ai cambiamenti individuali, essi seguono percorsi particolari, spesso obliqui e contraddittori,  hanno tempi diversi l’uno dall’altro e non seguono certo leggi fisse che alcuni intelletti ristretti pretendono di imporre.

E, soprattutto, non necessariamente tendono verso un miglioramento, anzi, soprattutto nelle situazioni limite, come quella che stiamo vivendo da quasi un anno e mezzo, accade spesso l’opposto. Almeno nell’immediato. 

E tuttavia sarebbe semplicistico attribuire il caos dei giorni scorsi unicamente a una sommatoria di comportamenti individuali.

Siamo la regione il cui presidente si è conquistato il titolo di campione degli imbucati, facendosi vaccinare il primo giorno della campagna, senza averne alcun titolo.

Esempio peggiore non si poteva offrire alla popolazione campana.

Siamo poi la provincia della clientela elevata a sistema e stile di vita, in cui impera la cultura della raccomandazione permanente che proprio nel campo della sanità tocca l’apicela provincia in cui le liste d’attesa nelle strutture pubbliche erano chilometriche ben prima del Covid, inducendo, per rimediare, a imboccare scorciatoie non sempre commendevoli.

E fermiamoci qui per carità di patria.  

Quando l’eccezione diviene la regola,  il privilegio si traveste da diritto, la furbizia è elevata a virtù, allora c’è  forse bisogno di uno scatto, della mossa del cavallo, di chiamarsi fuori, appunto.

Di testimoniare una  differenza. Anche con gesti inutili. Almeno in apparenza.

 

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