Oggi il desiderio di un figlio è una questione centrale per ogni coppia. Non è più, come in passato, solo una conseguenza logica, qualcosa di scontato a completamento del matrimonio. Oggi più che mai, sia l’uomo che la donna si interrogano sul proprio desiderio di diventare genitori. Anzi proprio generare un figlio, più che lo stesso matrimonio, rappresenta la vera forma di impegno di un coniuge nei confronti dell’altro.
Diventare genitore, oggi, infatti, vuol dire assumersi delle responsabilità, farsi carico dei bisogni del proprio figlio e soprattutto avere le capacità per appagare tali esigenze. Decidere di intraprendere il mestiere di genitore, insomma, è qualcosa che richiede tempo e sufficienti elaborazioni introspettive. È un percorso complesso di adattamento e tolleranza rispetto allo stravolgimento che comporta gestire una nuova vita.
La rinuncia a questo status, tuttavia, non è auspicabile, perché la genitorialità implica uno straordinario processo di cambiamento che inizia con la gravidanza e coinvolge tutto il mondo circostante. Qualsiasi cosa si guarda sotto un’altra prospettiva. Si sperimenta, fin dalla nascita, una nuova relazione che implica la disponibilità ad occuparsi e prendersi cura di un soggetto esterno alla coppia, il bambino. Quel tenero fagottino che sa di latte, appena nato, subentra prepotentemente nella coppia, alterandone gli equilibri.
Ciò nonostante, essere genitore, per questi e tanti altri motivi, è una condizione naturale a cui aspirano, prima o poi, tutti gli esseri umani. È la realizzazione di un sogno che porta con sé il significato della continuità. L’impossibilità di soddisfare tale desiderio, a maggior ragione se di tipo egoistico, conduce, inevitabilmente, al dolore che si esprimerà nelle forme più contorte ed imprevedibili.
La genitorialità. Fardello o ambizione abbandonata?
Se poi si aggiunge, ai mille motivi di insicurezza sull’intraprendere o meno il percorso genitoriale, anche la mancata informazione sulle opportunità, oggi, assicurate dal progredire della tecnica nel campo della preservazione della fertilità, ecco che si assiste al graduale abbandono del desiderio di genitorialità.
Invece, a tutti gli effetti, la preservazione della fertilità, attraverso la crioconservazione (o criopreservazione) dei gameti, è un investimento sul futuro (stando ai dati statistici sulle guarigioni dei pazienti), assolutamente da consigliare a tutti quei pazienti che si accingono ad iniziare qualsiasi cura radioterapica o chemioterapica che possono danneggiarla irreparabilmente.
Oltre tutto la pratica di preservare la fertilità costituisce uno degli incentivi più motivanti per la migliore riuscita della terapia oncologica. Si risolve in più di una speranza sia per gli stessi pazienti che per i loro familiari. Ovviamente, esistono varie tecniche per preservare la fertilità ed in queste procedure la tempistica è fondamentale. Una delle più rapide, nella donna, è la crioconservazione del tessuto ovarico.
A questa tecnica si ricorre in tutti quei casi in cui non sia possibile effettuare la stimolazione ovarica perché occorre iniziare subito le terapie o perché il tumore è sensibile agli estrogeni. La procedura può essere effettuata in qualsiasi momento del ciclo mestruale tanto più in assenza del partner. Non sussiste, quindi, alcun motivo per cui sarebbe giustificabile omettere questa presa di coscienza sulla base di una presunta urgenza di trattamento.
Se si pensa che, in media, una donna su tre è in grado di concepire utilizzando i propri ovociti scongelati. I vantaggi della crioconservazione del tessuto ovarico sono proprio la rapidità di programmazione ed esecuzione. Inoltre, è possibile crioconservare migliaia di cellule uovo… continua la lettura
Dr.ssa Chiara Granato
Biologa della Riproduzione
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