Di solito, si usa l’espressione “orologio biologico” solo quando ci si riferisce all’inesorabile declino della fertilità femminile. Ma all’aumentare dell’età, anche per la fertilità maschile, le accresciute probabilità di accumulo di mutazioni riducono le probabilità di concepire bambini sani.
Come un timer capace di memorizzare lo scorrere del tempo, tenendone traccia e sincronizzando i meccanismi fisiologici della riproduttività.
Lo stesso modo di dire, in realtà, non è utilizzato per l’uomo, semplicemente perché gli spermatozoi continuano a essere prodotti per tutta la vita. Bisogna, però, sottolineare come, la loro quantità, oltre che la qualità, peggiorano nel tempo, in rapporto al graduale declino dei livelli ormonali e al comparire o al peggiorare di diverse patologie.
La crescente consapevolezza di quanto la fertilità maschile influenzi il processo di riproduzione, rafforza, sempre più, la necessità di garantire un’educazione alla fertilità sia per i bambini in età scolare che per entrambi i membri delle coppie che si accingono a pianificare una gravidanza.
Quindi, se per la donna l’invecchiamento influisce gradualmente con la diminuzione della riserva ovarica fino al suo esaurimento con la menopausa, anche per l’uomo il passare del tempo ha una rilevanza sui suoi spermatozoi.
IL DECLINO DELLA FERTILITÀ MASCHILE. COSA ACCADE?
Con il tempo, anche i gameti maschili subiscono delle variazioni. In particolare, il declino ormonale contribuisce a far comparire o a generare un peggioramento di diverse patologie andrologiche.
All’aumentare dell’età biologica, l’uomo subisce una riduzione della sua capacità fecondante. è anche noto che con il passare del tempo, in genere, diminuisca la frequenza dei rapporti sessuali e aumentino i casi di disfunzione erettile.
In realtà la frequenza e la qualità dei rapporti sessuali, di per sé, non hanno un diretto effetto sulla capacità di concepire ma, certamente, influenzano i tempi necessari al concepimento.
Ecco che, uno studio, pubblicato nel 2003, e realizzato nel Regno Unito, ha, infatti, dimostrato una maggiore difficoltà di concepimento negli uomini. In particolare, per quelli con più di 45 anni rispetto a uomini con meno di 25 anni. Le stime hanno riportato come necessario il quintuplo del tempo per arrivare al concepimento.

Inoltre, dai dati acquisiti, sono stati associati aborti spontanei tra la sesta e la ventesima settimana legati al fatto che gli spermatozoi contenevano maggiori mutazioni. Nello specifico si tratta di mutazioni del DNA degli spermatozoi e i ricercatori hanno cercato di capire anche se da questo fattore dipendesse la correlazione tra età del padre e la presenza di malattie ereditarie nei figli.
LA RICERCA SULLA FERTILITÀ MASCHILE DI ESHRE
Nel 2017, all’European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE) di Ginevra, è stato presentato uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Harvard Medical School e dl Beth Israel Deaconess Medical Center. Studio che ha coinvolto 8.000 coppie, suddivise per fascia di età. Il risultato dello studio indica che l’età incide sulla fertilità maschile.
È stato dimostrato che una donna sotto i 30 anni con un partner tra i 30 e 35 anni ha il 73% di possibilità di rimanere incinta. Ma le percentuali calano fino al 46% quando il compagno ha tra i 40 e 42 anni di età.
La ricerca ha evidenziato come i problemi di fertilità siano dovuti a scarsa concentrazione di spermatozoi con motilità progressiva, morfologia degli spermatozoi, frammentazione del DNA delle cellule spermatiche.

All’aumentare dell’età dell’uomo crescono, esponenzialmente, le probabilità di accumulo di mutazioni e le probabilità di concepire bambini a rischio malattie genetiche. Tra queste l’autismo e la schizofrenia.
Ma come si manifestano i sintomi dell’invecchiamento dell’apparato riproduttivo maschile?
L’invecchiamento fisiologico dell’apparato riproduttore maschile si manifesta in tre aspetti. Nello sperma si produce una… continua a leggere.
Dr.ssa Chiara Granato
Biologa della Riproduzione
www.chiaragranato.it