L’appello di Salvini contro il 25 aprile è fallito miseramente. La sua prova di forza “anti-antifascista” ha sortito l’unico effetto di indurre gli alleati/avversari pentastellati ad abbandonare, si spera non opportunisticamente, l’indecorosa indifferenza mantenuta finora sul tema della Resistenza e dell’identità nazionale. Ma oggi non parla il governo, parlano le piazze e le strade piene. Sono ritornate le belle bandiere e i nostri canti, canti di libertà dall’oppressore nazifascista. No, l’Italia non è quella livida, gretta e rancorosa che propaga le sue parole d’odio attraverso i social networks. C’è un’altra Italia, con altre parole, che parlano di libertà, eguaglianza, pace.
La parola Resistenza, che richiama a una lotta ventennale contro il regime di Mussolini; la parola partigiano (tanto vilipesa anche in questi giorni) che indica il coraggio della scelta: essere partigiano, come ci ricorda Gramsci, significa essere vivi; la parola liberazione, che indica un processo fatto di impegno strenuo e di lotta. Era necessario ritrovarsi in piazza per fare massa critica, per riappropriarsi di quella dimensione pubblica della politica che è fatta di luoghi e di corpi, e ricreare anche tra di noi una connessione sentimentale, perché gli spazi delle città non possono essere abbandonati (non solo il 25 aprile, ovviamente) all’aridità delle solitudini, individuali o di gruppo, in cui prosperano le passioni tristi.
Oggi l’antifascismo è all’opposizione nel nostro Paese. Lo sappiamo. Ma non è questo che impressiona. Lo è stato spesso in questi settant’anni. Ciò che angoscia maggiormente è la saldatura tra il sovversivismo dall’alto incarnato dalla Lega e le pulsioni razziste che emergono dal ventre molle della società italiana. Per questo è necessario adottare il linguaggio della chiarezza, e denunciare atti e comportamenti discriminatori da chiunque posti in essere e in qualsiasi ambiente sociale. E la parola d’ordine deve essere quella di sempre: a Roma non si passa, così come nel resto d’Italia. Perché la libertà non è un regalo, è una conquista. E se non è una conquista – da difendere ogni giorno – non è vera libertà.